Istat: Confesercenti, preoccupa calo consumi estivi, mezzo miliardo in meno rispetto al 2022

La revisione al rialzo da parte di Istat delle stime di crescita del Pil per il III trimestre, sebbene minima, è senz’altro una buona notizia. Ma continua a preoccupare la dinamica dei consumi delle famiglie italiane: quest’estate, pur registrando un aumento rispetto al periodo primaverile, sono diminuiti dello 0,2% rispetto alla stessa stagione 2022, per una flessione di circa 535 milioni di euro in meno anno su anno.

Così Confesercenti.

Si conferma, dunque, la parabola discendente della spesa delle famiglie nel corso dell’anno. Nel confronto con il 2022, si è scesi da incrementi del 3,7% nel periodo gennaio-marzo, al +1,2% tra aprile e giugno, per arrivare appunto al calo del -0,2% di questo trimestre estivo.

L’auspicio è che il calo dell’inflazione, e il conseguente progressivo recupero del potere d’acquisto dei redditi, possano riportare velocemente i consumi su un trend positivo. A patto, però, che le famiglie mantengano l’attuale propensione di spesa, particolarmente elevata nella prospettiva storica. Fino ad oggi, infatti, gli italiani hanno ridotto la quota destinata al risparmio per mantenere il più possibile i livelli di consumo: se il tasso di risparmio delle famiglie dovesse tornare sui valori normalmente registrati prima della pandemia, la ripresa dei consumi attesa per il prossimo anno potrebbe essere più lenta del previsto.

Un rischio da scongiurare lavorando per tenere alta la fiducia di consumatori e imprese: nella manovra di bilancio ci sono provvedimenti che vanno nella giusta direzione dando un po’ di respiro alle famiglie e dunque sostegno ai consumi, in particolare per quel che riguarda il taglio del cuneo contributivo e la riduzione delle prime aliquote di imposta. Ma nel corso del prossimo anno è necessario accompagnare queste misure ad un alleggerimento più sostanziale del peso del fisco, prestando attenzione anche al fiscal drag, che avviene quando l’aumento nominale dei redditi correlato all’inflazione porta automaticamente all’applicazione di aliquote più elevate e quindi all’incremento del prelievo fiscale.

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