Fiducia: Confesercenti, incertezza pesa su imprese e famiglie, segnale preoccupante per i consumi

L’incertezza continua a pesare su imprese e famiglie, e rischia di condizionare i consumi di Natale. Le rilevazioni Istat di novembre restituiscono un quadro preoccupante: l’indice di fiducia scende sia per le attività economiche sia per i consumatori, che continuano ad essere prudenti e a cercare il risparmio, come testimonia l’interesse per il Black Friday. Un segnale di allarme in vista del Natale e delle festività invernali.

Così Confesercenti commenta i dati Istat sul clima di fiducia a novembre.

Per le imprese l’indice scende per il terzo mese consecutivo, con un calo dovuto al peggioramento nel comparto dei servizi di mercato e in quello delle costruzioni. Fisiologico, invece, il miglioramento del clima di fiducia del commercio che, con l’avvicinarsi di Black Friday e Natale, registra un aumento di tre punti dell’indice di fiducia. Ma è una crescita trainata, ancora una volta, dal miglioramento della GDO, che cresce di 4 punti contro i 2 punti dei piccoli esercizi. Una differenza dovuta alle attese di vendita, in crescita di 35,7 punti nella grande distribuzione e di solo 4,7 punti presso i piccoli esercizi. Nel comparto turistico l’indice invece risale di quasi 5 punti, evidenziando già prospettive di crescita.

Per i consumatori, invece, diminuiscono tutte le componenti. Permane la difficoltà ad intravedere una prospettiva più certa di miglioramento economico, in linea con una dinamica effettiva dei consumi ancora in rallentamento. Serve un sostegno alla spesa delle famiglie: il Bonus Natale, è una misura certamente positiva, che offre un aiuto immediato a chi è maggiormente in difficoltà e una piccola spinta alla spesa delle famiglie meno abbienti, anche se di lieve entità. Per promuovere una ripresa strutturale e duratura dei consumi, però, è necessario fare di più e andare oltre gli interventi ‘spot’.  Uno dei nodi da sciogliere per la ripartenza della domanda interna è senz’altro quello del peso della tassazione sui redditi da lavoro dipendente. Anche perché, dopo due anni di alta inflazione, il rischio di fiscal drag è sempre più concreto, soprattutto per i lavoratori che hanno ottenuto un aumento delle retribuzioni tale da passare ad un’aliquota IRPEF più pesante. Un drenaggio fiscale che rischia di ridurre fortemente l’impatto positivo degli aumenti retributivi sui consumi. In questo quadro, pensiamo che l’intervento più opportuno sia una detassazione generalizzata degli aumenti salariali.

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